Scevra da ogni velleità di avere l’unica e corretta visione di ciò che fu in passato, che sfugge ancora anche “agli addetti ai lavori” condivido ciò che conosco.
Tornare alla natura permette di ricordarci che da lì noi veniamo, che siamo solamente animali con alcune capacità più sviluppate, ma anche con capacità dimenticate, che se fossimo obbligati a ricordare e tornare ad utilizzare non riusciremmo e miseramente moriremmo, soverchiati dall’arroganza che “servire” significhi solamente “essere serv* di” e non “ESSERE UTILE A”.
- I minerali sono utili ai vegetali, agli animali e all’uomo;
- i vegetali sono utili agli animali, all’uomo e anche ai minerali (pensiamo al legno che si trasforma in carbone, che sotto l’azione della pressione dei minerali stessi, diviene diamante);
- gli animali sono utili all’uomo, ma anche ai vegetali e ai minerali (pensiamo al letame che concima i vegetali, ma che arricchisce il terreno di minerali);
- l’uomo serve….a chi? A cosa?
Se l’uomo considera l’ambiente come oggetto, allora l’uomo serve a distruggere.
Tuttavia, se l’uomo considera la catena precedentemente spiegata, allora scopre che serve alla natura per perpetuare la catena stessa, seguendo il dispiegarsi delle stagioni, delle manifestazioni climatiche, senza invadere lo spazio che loro serve semplicemente perché vuole sentirsi potente, rimanendo però schiacciato letteralmente da queste manifestazioni stesse. Pensiamo ai terremoti, alle inondazioni, alle eruzioni, che trovano città, coltivazioni, allevamenti, sul loro cammino quando in quei luoghi nulla lo avrebbe dovuto ostacolare.
Semplicemente in antichità gli esseri umani dialogavano con la natura (divinità immanente) credendo che dentro ogni manifestazione vi fosse un’“intelligenza” potente al punto da materializzarsi in quel modo.
Se ci fermiamo a pensare, con pensiero fresco di un bambino che vede per la prima volta una cascata, un vulcano in eruzione, un tifone, un lago, una montagna, stupendosi di come abbia fatto a crearsi e a manifestarsi in quel modo, allora potremo comprendere che non parliamo di un’intelligenza come la intendiamo noi: “umana”. Intendiamo una intelligenza nel senso di intelligere, cioè “leggere dentro”.
Quanta potenza c’è in molecole che si combinano creando miriadi di composti, materiali, forme, energie, colori, suoni…
Quanta potenza c’è nell’azione di infrarossi, ultravioletti, raggi gamma, forze elettromagnetiche, chimiche…
Possiamo chiamare tutto questo solo scienza, legge, scoperta, protocollo?
Personalmente pur essendo affascinata dalla scienza in genere, lo sono meno o per nulla dalle interpretazioni che restringono le scoperte al solo ambito del “si è capito come funziona, quindi non c’è nulla di misterioso o divino” e mi sembra che, tra tanti, anche Albert Einstein e Margherita Huck fossero del mio stesso parere.
Per me non esiste UN dio, alto, “sparato in cielo”, che decide per noi che voto avremo alla fine della vita (ci ho creduto anche io, poi ho scoperto che il concetto di divinità così spiegato è offensivo persin per la divinità stessa, che rimane limitata alla attività di maestra d’asilo).
Per me la potenza DEGLI DEI sta proprio nella manifestazione della natura nelle sue varietà.
Sono tornata al così detto “paganesimo”, ma non per delusione della religione prima professata (per altro già ne avevo cambiate un paio prima di arrivare qui, spinta dalla mia curiosità di conoscere e dalla incompletezza percepita in altri insegnamenti), ma perché è la spiegazione che si attaglia meglio a ciò che il mio essere sente vero: gli dei sono l’umanizzazione di funzioni naturali e umane che per comodità l’uomo ha personificato. Sono archetipi, cioè sono energie che si manifestano ovunque e da sempre, che agendo creano quella che noi chiamiamo realtà, ma che è solo un susseguirsi di “movimenti verso” che noi abbiamo bisogno di spiegare come realtà.
L’uomo finchè rimarrà legato alla sua mente, avrà sempre bisogno di una spiegazione per tutto ciò che accade, cioè cercherà il “motivo per cui” quell’evento accade, dimenticandosi che un evento non ha un motivo, ma una “finalità”, accade perché l’energia si comporta in un certo modo al fine di creare altra energia.
Un albero produce ossigeno non di sicuro perché si alza al mattino pensando “Oh! Oggi produco la mia dose di ossigeno, così gli umani e gli animali potranno sopravvivere!”. L’albero “fa” l’albero e nella sua natura non intenzionale, ma funzionale, trasforma ciò che noi chiamiamo anidride carbonica in ciò che noi chiamiamo ossigeno. POI questo nelle ere che si sono susseguite ha permesso che le forme di vita “aerobiche” si sviluppassero in un certo modo, a discapito per esempio di chissà quante altre specie “anaerobiche”. Noi non lo sappiamo! Ne abbiamo una vaga idea…